mercoledì, agosto 09, 2006

una giornata

Beirut (8 agosto sera) - Cenavamo al Barbar, un fast food arabo, e volevamo ordinare un piatto locale di verdure e legumi che sembrava particolarmente gustoso. Il cameriere, camicia bianca d'uniforme, ha risposto sorridendo che tutta la sezione del menu di cui quel piatto faceva parte non era disponibile. "Only for lunch?" abbiamo chiesto, pensando che fosse di quei piatti che la cucina garantisce solo a pranzo. "No, è per la guerra". Forse un problema legato all'approvvigionamento degli ingredienti, presumibilmente difficoltoso. Niente di tutto questo. "Il cameriere è scappato", ha tagliato corto il nostro amico. Anche qui, nel centro, dove le bombe le senti ma non ti colpiscono, la guerra lascia piccole tracce che ti ricordano quello che sta succedendo.Mentre mangiavamo, è saltata la corrente in metà del locale. Nessuno ha messo giù la forchetta, tanta ostentata sicurezza tradiva una certa stanca fatica della paura.Per tutto il giorno i segnali televisivi sono stati precari. Interferenze, poi il grigio della sintonia su un canale morto, poi i colori pastello delle tv di informazione. E poi di nuovo interferenze. Persino le bombe hanno orari. Al mattino presto, verso le sei, e poi nel pomeriggio inoltrato, ogni momento è buono dalle cinque fino alle undici. Stamattina siamo stati svegliati da uno scoppio. Dal sonno alla veglia in un secondo, subito sul balcone a vedere cos'era successo. Solo dopo qualche minuto ci siamo resi conto che era una porta sbattuta al piano superiore. Ma tant'è. Uno strato di tensione rimane costante, non ti abbandona mai. La sera ci si addormenta a fatica, la mattina le bombe vere o presunte ti danno la sveglia. Nel pomeriggio, un'esplosione vera ha marcato la differenza con una porta sbattuta, proprio mentre i dati sui morti della sera prima si attestavano su cifre definitive (30 morti e 70 feriti), e il ciclo dell'emergenza ha ripreso da capo con altre ambulanze, e altre mani a scavare alla luce di fari puntati sulle macerie tra la polvere e il fumo. Alle dieci un'altra bomba, "da qualche parte laggiu'" spiegava il proprietario di un carretto di spighe bollite e arrosticini. Qualche ruga, dodici anni in Grecia alle spalle, "qui era tutto bellissimo un mese fa, la gente con le bandiere dei mondiali. Brasiliani, australiani, italiani. Tutti a parlare di calcio". Un mese fa è cambiato tutto di colpo. Proprio un paio di giorni dopo che il suo giovane collega, che mentre lui racconta prepara la brace, si era sposato. "Ti stanca, non finisce mai. Oggi ci sei domani chissa'. Forse nei prossimi due o tre giorni finira'". Chi lo sa. "Inshallah".

Comments:
e bravi i nostri reporter(s)...sempre all'okkio mi raccomando!
per fabio: domani provo a chiamarti in albergo. qui alla radio mi dicono che - ovviamente - non possono pagare, ma se ti va di fare un pezzo lo mandiamo volentieri. se riesci mandami una mail così mi dici
un abbraccio
gma
 
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