mercoledì, agosto 16, 2006

in partenza

beirut - il problema della corrente ci perseguita fino alla fine. e' appena saltata la corrente in albergo e abbiamo perso tutto il testo che stavamo per pubblicare. rapidamente: tra quindici minuti sara' qui il nostro tassista, yasser, per tornare a damasco. domani abbiamo l'aereo.
volevamo raccontarvi il clima nuovo che si respira in citta' da due giorni.
ieri siamo stati a sidone nel fiume di gente che tornava al sud. e stamattina abbiamo fatto un salto a vedere le persone che stanno riprendendo le proprie cose dalle case distrutte.
su tutto questo promettiamo una cronaca appena abbiamo modo di scrivere.
ciao grazie a tutti.

lunedì, agosto 14, 2006

ci siamo sbagliati

i sei botti di stamattina non erano bombe ma il suono che facevano i lanci dei volantini. erano talmente forti che abbiamo pensato fossero esplosioni, anche in relazione ai volantini di ieri che annunciavano incursioni notturne su beirut sud. meglio cosi'.
il clima qui e' molto positivo, la gente crede a questo cessate il fuoco e moltissimi oggi si cono messi in marcia per il sud. tanto che un medico di sidone ci ha detto che ci vogliono 4 ore per raggiungere la citta', che dista solo una cinquantina di km.
siamo in un internet point dove tutti sono concentrati sul discorso finale di nasrallah su al-manar. ci sono locandine che celebrano la "divine victory" su auto, motorini e vetrine dei negozi.
nasrallah ha annunciato che sosterra' economicamente le famiglie che hanno perso la casa.
a proposito due considerazioni su al-manar: ci aspettavamo un canale televisivo scarno, con poca regia e senza grafica, che trasmettese in continuazione video di propaganda e discordi di nasrallah. niente di tutto questo. ha la grafica curata di un qualsiasi canale di informazione con tanto di ticker inferiore delle notizie che scorrono, una serie di telegiornali sulle principali notizie, e una regia complessivamente molto curata. il presentatore in giacca e cravatta, il cronista sul luogo col gelato che fa le corrispondenze stand up a mezzo busto e insomma tutto il linguaggio televisivo standard, persino un po' sopra la media.
per chiudere la cronaca della giornata prima di scendere a prendere un gelato sul lungomare per festeggiare la vittoria divina, stamattina siamo stati per un'intervista nell'hotel che qui a beirut ospita le agenzie delle nazioni unite accorse in generoso aiuto della popolazione libanese. suite superlusso, tv via cavo europee, sale riunioni con i dorsi delle prese a muro dorati, piscina, guardie all'ingresso, ascensore a vetro con vista panoramica tipo manhattan. un lavoro duro quello di pensare alle migliaia di morti di questa guerra davanti alla colazione col burro e la marmellata.
il delegato di human rights watch anche lui subiva questo pesante clima, inviando comunicati dal suo laptop ad al jazeera mentre telefonava a spese nostre alla fidanzata a new york.
simpatico personaggio che prima di dedicarsi alla tutela dei diritti umani si era dedicato alla loro uccisione: stava al pentagono in un ufficio di intelligence ad individuare i target da colpire - quelli da passare alle forze militari sul terreno - in iraq, kossovo e afghanistan. poi la "disillusione" sulla guerra lo ha portato - in qualita' di esperto, ovviamente - tra le fila dei difensori dei diritti.
e questo e' il magico mondo delle organizzazioni internazionali.

arrivederci

mentre la campana della chiesa ortodossa rintoccava sei colpi, cadeva su beirut la prima delle sei bombe della mattina. le prime tre a distanza di un quarto d'ora una dall'altra, le successive a qualche secondo.
non e' ancora chiaro quali siano i punti colpiti. alla fine dell'incursione dal cielo e' caduta una nuvola di volantini. contenevano due messaggi: il primo accusava l'iran e la siria di essere alle spalle di hezbollah e i veri responsabili del conflitto e minaccia un ritorno dei caccia israeliani; il secondo era espresso attraverso un disegno. nasrallah costruiva un castello di sabbia sulla spiaggia e l'onda - che rappresentava gli israeliani - lo distruggeva.

alle quattro e mezza a un angolo di strada e' spuntata una bimba in pigiama. carnagione scura, capelli crespi e arruffati, intorno ai tre anni. camminava, leggermente ondeggiando, da sola e apparentemente tranquilla. Il metronotte dell'ospedale dell'angolo non parlava una parola di inglese, ha chiamato un altro paio di persone. Alla fine siamo rimasti con la bambina in braccio e ci hanno consigliato di portarla al posto di polizia piu' vicino. dal momento che qui ogni scuola ospita sfollati, abbiamo fatto un giro dell'isolato, prima di consegnarla alle divise. abbiamo trovato una piccola famiglia composta da bimbo, mamma e nonno che dormivano sul marciapiede con un cartone e qualche coperta. La donna era giovane; avevano un motorino a tre ruote su cui erano appoggiate le loro cose. probabilmente venivano dai quartieri sud e avevano deciso di passare qua la notte dopo l'intimazione di evacuazione degli israeliani. La mamma, visibilmente molto stanca, si e' ripresa la bimba. Shukran. Ed e' tornata a dormire. Verso le sette siamo ripassati a vedere se era tutto a posto. avevano perso di nuovo la bimba.
la piccola si svegliava, si alzava e andava a passeggiare. nessuna paura degli estranei, nessun timore di essere sola. solo un po' di noia a stare fermi nello stesso punto tutta la notte.
il metronotte l'aveva vista girare di nuovo e l'aveva portata alla polizia. la mamma dormiva. il metronotte si e' avvicinato proprio mentre scoppiava una bomba. svegliarsi su un cartone con l'esplosione di una bomba e senza figlia: un bel modo per iniziare la giornata. il nonno, senza gambe, e' partito a bordo del motorino a tre ruote per andare a recuperare la bimba alla polizia. dopo una mezz'ora abbiamo visto il metronotte ancora la' che si tratteneva a chiacchierare con loro.

domenica, agosto 13, 2006

notte

Teoricamente hanno approvato il cessate il fuoco. in pratica gli israeliani hanno detto che non se ne vanno finche' non c'e' la forza internazionale, hezbollah ha detto che continua a difendere il territorio finche' gli israeliani non se ne vanno e gli israeliani hanno detto che continueranno a bombardare finche' non se ne vanno gli hezbollah. in pratica ci vuole almeno una settimana ancora.

Di nuovo, un'ora fa, due esplosioni.
ANSA: Difficile, per ora, localizzare dove siano caduti quelli che sembrano essere colpi di cannone sparati da unità navali israeliane. A giudicare dai boati che hanno prodotto, si può pensare che siano stati indirizzati verso luoghi più vicini al centro rispetto ai soliti bersagli presi di mira nella parte meridionale di Beirut.

Stasera su Newtv, mostravano un nuovo volantino che gli israeliani hanno lanciato su beirut
ANSA: Abbandonate subito le vostre abitazioni: volantini con questo messaggio sono piovuti questa sera sulla periferia meridionale di Beirut. Nei volantini, lanciati da aerei israeliani, gli abitanti dei quartieri meridionali della capitale libanese, già pesantemente presi di mira nelle scorse settimane, hanno visto l'annuncio di imminenti bombardamenti. (ANSA).

Le agenzie che escono da qui sono di tenore un po' diverso dai giornali italiani:
(ANSA) - BEIRUT, 13 AGO - Alle 14:50 locali, le 13:50 in Italia, nello stesso momento in cui annunciava al mondo la sua accettazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza Onu, Israele ha voluto firmare la sua decisione con un pesante bombardamento aero-navale contro la periferia sud di Beirut, dove almeno otto civili libanesi sono rimasti sepolti sotto le macerie di quattro palazzi polverizzati da missili e cannonate.
A viversele sulla pelle, le cose si vedono con maggiore lucidita'.

il giorno peggiore

ancora un'esplosione nel sud di beirut. cinque minuti faun'altra bomba su Haret Hreit, di nuovo colonne di fumo mentre ancora si scava per tirare fuori i vivi sotto le macerie di qualche ora fa. ma questa volta pare un'esplosione sola.
noi stiamo ben coperti oggi: probabilmente non sara' l'ultima.

fanno il deserto e lo chiamano pace

Ansa - Una successione rapidissima di una ventina di colpi di cannone s' atata sparata da unità della Marina militare israeliana su quartieri di Beirut sud già pesantemente bombardamenti dal 12 luglio scorso. Il bombardamento, senza precedenti come intensità dall'inizio della guerra, ha avuto per bersaglio il quartiere di Al-Rweis, alla periferia sud di Beirut. Oltre alle navi da guerra israeliane al largo, la zona è stata bombardata anche dai caccia con la Stella di David.
Alcuni palazzi di abitazioni sono stati centrati nel pesante bombardamento aeronavale israeliano della tarda mattinata contro il quartiere di Al-Raduf, alla periferia sud di Beirut, dove si teme che decine di civili siano rimasti sepolti sotto le macerie. Lo ha riferito l'agenzia governativa libanese Nna.
IL PUNTO ALLE 13:15 +++ (ANSA) - Caccia, unità navali, carri armati e obici stanno sottoponendo Tiro e dintorni, soprattutto l' area a sudest, ad un bombardamento senza precedenti a meno di 24 ore dalla cessazione delle ostilità annunciata dal segretario generale dell' Onu, Kofi Annan, per domattina alle 8, e mentre il governo israeliano è in riunione per decidere sulla risoluzione Onu 1701, accettata ieri sera dal governo libanese all' unanimità. Raid aerei sono stati compiuti anche su altre aree del paese, ed in particolare in vari punti a nord della valle della Bekaa, e su Nabatiyeh e dintorni, in una zona centrale del sud del Libano, mentre combattimenti e scontri sono in corso in aeree dove - secondo fonti libanesi - guerriglieri Hezbollah respingono tentativi di assalti delle forze della difesa israeliana su alcuni centri abitati e per la demolizione di case, con l' impiego di bulldozer, in altri. Un bilancio provvisorio delle ultime ore indica 13 morti e una trentina di feriti: l'episodio più grave è quello nel quale sono morti una madre, i suoi tre bambini e una collaboratrice dello Sri Lanka, colpiti da missili lanciati sul quartiere di Burj al Shamal, tre chilometri a sud di Tiro - poco lontano da un campo di profughi palestinesi - dove sono state colpite più stazioni di servizio. Da esse si è sviluppato un vasto incendio. Le lingue di fuoco hanno minacciato a lungo un vicino ospedale, mentre soccorritori che tentavano di recuperare i corpi delle vittime e spegnere le fiamme sono stati tenuti lontani da successivi raid aerei. In quell' area bombardamenti hanno anche raggiunto il campo di profughi palestinesi di Rashidiye, senza provocare vittime, mentre un colpo è caduto anche in un altro campo palestinese, vicino a Sidone, anche in questo caso senza provocare lesioni a persone. I bombardamenti hanno interrotto le strade che da Tiro portano a sud, e su villaggi della zona, come Al Hosh e Basuriye, sono state lanciate - secondo testimoni - per la prima volta bombe che esplodono con un ritardo di 15-30 minuti e cluster-bomb (che contengono grappoli di mini ordigni esplosivi). Negli attacchi a Baalbeck, tre persone sono morte e otto (tra le quali due bambini) sono rimaste ferite nel bombardamento sul villaggio di Ali An Nari, dove è stata presa di mira una moschea husseinita (dedicata al genero di Maometto, Hussein), mentre vicino al villaggio di Shat, missili hanno colpito due veicoli provocando due morti e quattro feriti. Sempre in quella località un motociclista è stato ucciso dai proiettili sparati da un elicottero. Nella notte erano stati bombardati altri punti della Bekaa, con la distruzione di due ponti e di altre strade di collegamento interno. Secondo fonti libanesi i guerriglieri Hezbollah hanno ucciso in combattimento sette soldati israeliani ed hanno distrutto sette carri armati, mentre la tv Al Jazira ha dato un bilancio di 117 razzi lanciati contro il nord di Israele nella sola mattinata di oggi. L' offensiva israeliana nel sud prosegue dopo la triplicazione da 10mila a 30mila unità, dei reparti da inviare in territorio libanese, annunciata ieri dal governo israeliano, con l' obiettivo di fissare la conquista di aree più ampie possibili prima dell' eventuale cessate il fuoco che dovrebbe seguire la cessazione delle ostilità prevista per domattina.

abbiamo fatto bene

sono appena venute giù sei bombe pesantissime, sembrano persino vicine dal rumore ma sono in uno dei quartieri sud.
meglio stare parati, dalle zone sud vengono su delle colonne di fumo dense e enormi.
nuovi aggiornamenti quando saremo più tranquilli... :)

due giorni senza bombe

stamattina per la seconda volta ci siamo svegliati con la sveglia normale. è da venerdì che non cadono più bombe sulla città. ieri sono caduti migliaia di volantini, questa volta sono arrivati anche sulla zona nord, quella più ricca e mai colpita dalle bombe. attribuivano la responsabilità della guerra agli hezbollah e incitavano i libanesi contro nasrallah. la realtà è che il consenso per la milizia cresce, viene ormai universalmente considerata il baluardo della difesa nazionale contro l'invasore israeliano e, persino, il giornale l'orient-le jour, quotidiano nazionale in francese la definisce "la Resistenza" con la prima lettera maiuscola.
stamattina hanno attraccato al porto due navi apparentemente di aiuti, la prima delle quali riportava sul fianco a caratteri cubitali la sigla delle nazioni unite.
qui non si festeggia la fine della guerra nonostante la maggior parte delle persone diano grande peso alla risoluzione del consiglio di sicurezza: qualcuno si dice convinto che entro qualche giorno finirà tutto, qualcuno prevede un mese, visto che ancora stamattina i bombardamenti su tiro, sull'area di sidone, sulla valle della bekaa e su tripoli hanno portato un'altra decina di morti, due ponti distrutti e una quantità di edifici abbattuti. nei pressi di tiro un ospedale è minacciato dalle fiamme di un incendio sviluppatosi da un bombardamento che i mezzi di soccorso non possono spegnere. appena si muovono, infatti, vengono bersagliati dall'artiglieria israeliana. anche due campi palestinesi sono stati colpiti: ein al helweh, vicino a sidone e burj al shemali, vicino a tiro.
il conto dei morti dei soldati israeliani e hezbollah rimane sullo sfondo visto da qui: giornali e televisioni danno decisamente più rilievo alla distruzione continua di infrastrutture e al bollettin dei morti civili.
ieri mattina il convoglio delle organizzazioni non governative libanesi e delle associazioni è stato fermato poco distante da beirut da responsabili della sicurezza del ministero dell'interno libanese che voleva evitare un'altra strage. il convoglio comprendeva 160 persone divise in 45 auto che portava giù 300 kit di sopravvivenza (cibo e medicinali per una famiglia di 7 persone). era diretto a nabathiye comprendeva un'ambulanza e aveva al seguito i minivan di al-jazeera, la tv nazionale egiziana, quella canadese e una californiana. al progetto avevano dato spazio i prncipali network americani e alcuni giornali israeliani, dopo che della vicenda si sono interessati alcuni parlamentari del congresso statunitense.
la calma apparente della città oggi è preoccupante. Volevamo fare un giro nei quartieri duramente colpiti venerdì, ma visto il bilancio di 24 soldati israeliani morti negli scontri di ieri, qui non sarebbe una sorpresa una rappresaglia sulla città.

venerdì, agosto 11, 2006

risoluzione onu

Il premier israeliano Ehud Olmert chiederà ai ministri del suo governo di accettare la risoluzione che il Consiglio di sicurezza dell'Onu si appresta a varare nelle prossime ore per far cessare le ostilità in Libano. Lo ha riferito una fonte politica israeliana citata dall'agenzia Reuters. La stessa fonte ha però precisato che l'esercito israeliano proseguirà nella massiccia offensiva terrestre già pianificata, almeno fino a quando non si riunirà il consiglio dei ministri. Secondo la fonte, Olmert, il ministro della difesa Amir Peretz e il ministro degli esteri Tzipi Livni, si sono detti d'accordo sul contenuto della risoluzione, dopo un aggiustamento dell'ultimo minuto. «L'orientamento - ha aggiunto la fonte - è che l'offensiva militare prosegua fino a che la risoluzione non sarà approvata con un voto del consiglio dei ministri».

e' ammirevole la correttezza di primo ministro, ministro degli esteri e ministro della difesa nell'attendere l'approvazione formale anche degli altri ministri. una vera democrazia. che sono i morti degli altri a pagare.

aggiornamento

Beirut - Qui la situazione peggiora. Gia' da un po' i lampioni sono spenti, le uniche luci per strada sono quelle dei palazzi e dei negozi. e anche quelle iniziano a spegnersi. si va avanti coi generatori, ma la benzina inizia a scarseggiare. le file ai distributori sono sempre molto lunghe, due giorni fa ne abbiamo visto una che prendeva una decina di isolati. nel nostro hotel l'energia e' razionata e manca per diverse ore al giorno. Ieri sera mentre eravamo in un internet point cercando di aggiornare questo blog e' saltata la corrente e abbiamo perso tutto quello che avevamo scritto. anche internet sembra progressivamente piu' lenta, dev'essere saltata qualche dorsale di collegamento importante. Oggi gli israeliani hanno lanciato volantini con questo messaggio: «Nasrallah vi prende in giro e vi nasconde le grandi perdite nelle fila degli Hezbollah. Quella di seguito è la lista con i nomi alcuni di quelli uccisi, che Nasrallah ha abbandonato e di cui ha negato la morte». Seguiva la lista dei nomi. Naturalmente il volantino era in arabo. Nell'elenco c'era il fratello del tassista che ce lo ha mostrato.
A colpo d'occhio qua non si vedono molti sfollati, perche' sono accolti nelle scuole. Praticamente tutte le scuole qui ospitano rifugiati dal sud del paese o dai quartieri sud di Beirut. E' impossibile ottenere una cartina completa della citta', perche' i quartieri che stanno bombardando sono amministrativamente indipendenti e dunque le carte del comune non le comprendono.
Stamattina alle cinque meno dieci sono iniziati i bombardamenti. Abbiamo contato quattordici colpi, non finiva mai, e' stato il piu' lungo bombardamento finora. Ieri gli israeliani hanno distribuito volantini sull'area sud che intimava di spostarsi verso il nord, perche' l'area sara' sempre piu' bombardata. in effetti molti si sono spostati qui e nelle colline che circondano la citta', molti si sono spostati anche piu' a nord, verso tripoli e jounieh.
la tensione sta crescendo. stamattina, dopo la fine dei bombardamenti, sul lungomare qualcuno ha visto dei sommozzatori vicino alla riva. Terrore dell'invasione. Hanno chiamato la polizia. e' arrivata una prima macchina di militari, poi una seconda, poi un terza, poi una camionetta carica di uomini, poi un jeep col gran capo. tutti a scrutare il pelo dell'acqua, braccia alzate a indicare i punti di avvistamento, una fila di curiosi lungo la costa. Qualcuno continuava a pescare, i militari hanno dovuto sparare piu' di un colpo in aria prima di convincere un pescatore in barca a rientrare. Alla fine, dopo una buona mezz'ora, e' stato chiaro che non c'era niente.
Stamattina siamo stati alla sede di New Tv, una tv locale. Qui tutte le tv stanno assumendo posizioni filo hezbollah. Prima della guerra, ci spiega Jola, molte erano indifferenti o ostili a questa formazione. Ora sostengono tutti Hezbollah. Uno dei redattori del notiziario, Yassin, e' stato dodici anni in carcere in israele. stava nelle milizie comuniste, e' uscito grazie ad uno scambio di prigionieri solo qualche anno fa.
Una volta - dice Jola - il libano era un popolo di combattenti. oggi si china il capo coprendo le orecchie dal suono delle bombe e non si sa piu' reagire. In effetti e' quello che appare qui a beirut.
ieri siamo stati al faro che avevano colpito in mattinata. e' un vecchio faro, in disuso da quindici anni. e' impressionante la precisione con la quale hanno colpito soltanto la camera della luce. e' saltato qualche vetro nei piani sottostanti e nei palazzi circostanti, ma soltanto la camera che ospita la luce e' andato distrutto. tutta questa precisione fa a pugni con l'idea che possano colpire un palazzo di civili o una sede onu per errore.
Abbiamo fatto diverse cose in questi giorni che sono lunghe da raccontare. siamo stati dal presidente dell'ordine dei medici del libano. e' in corso un'inchiesta governativa sulla questione delle armi chimiche, il procuratore militare ha ordinato un'altra infornata di biopsie per capire se realmente gli israeliani stiano utilizzando armi chimiche. abbiamo visitato la sede di al ahbar, un giornale locale importante. Un redattore sostiene che la questione delle armi chimiche e' solo un dettaglio di fronte al massacro in tutto il paese che gli israelini stanno portando avanti.
mentre eravamo la' hanno bombardato un punto poco distante dal corteo del funerale delle trenta persone uccise la sera precedente.
siamo stati anche al children cancer centre, una struttura oncologica di beirut affiliata all'universita' americana. per consentire ai bambini di proseguire le terapie stanno ospitando a loro spese le famiglie in strutture vicine all'ospedale: molti hanno perso la casa e altri non potrebbero raggiungerlo diversamente perche' e' troppo pericoloso. Jaacoub ha un anno. gli hanno fatto un trapianto di midollo, dopo una terapia di un 11 mesi. ora potrebbe essere dimesso ma la sua casa a tiro e' stata distrutta. cosi' invece che tornare a casa insieme alla mamma, sono stati il padre e i fratelli a raggiungerlo.
Ieri poi siamo stati ad un'assemblea di pazzi. vogliono raggiungere tiro (NB: tiro e' la citta' sotto il litani, l'epicentro degli attacchi israeliani) con una colonna di quaranta macchine. un centinaio di persone, per affermare il diritto della societa' civile di attraversare il territorio. li supportano 200 ong tra libanesi e straniere, spiega una ragazza palestinese che fa parte di international solidarity movement. L'idea poi e' passare la notte la' in "camping under the stars". non sai se ammirare il coraggio o cosa. per il momento ammiriamone il coraggio. alle sette c'e' un'altra riunione organizzativa, faremo un giro per vedere che aria tira. tra l'altro contavano molto sull'interesse dei media per questa operazione, ma i quasi attentati di londra col gatorade hanno spostato tutta l'attenzione. non sappiamo cosa decideranno.
per ora e' piu' o meno tutto, scusate la confusione ma e' la stanchezza insieme alla quantita' di cose da dire che non ti permette una esposizione metodica. andra' meglio la prossima volta. per domande suggerimenti e consigli cliccate sui contatti accanto.

mercoledì, agosto 09, 2006

una giornata

Beirut (8 agosto sera) - Cenavamo al Barbar, un fast food arabo, e volevamo ordinare un piatto locale di verdure e legumi che sembrava particolarmente gustoso. Il cameriere, camicia bianca d'uniforme, ha risposto sorridendo che tutta la sezione del menu di cui quel piatto faceva parte non era disponibile. "Only for lunch?" abbiamo chiesto, pensando che fosse di quei piatti che la cucina garantisce solo a pranzo. "No, è per la guerra". Forse un problema legato all'approvvigionamento degli ingredienti, presumibilmente difficoltoso. Niente di tutto questo. "Il cameriere è scappato", ha tagliato corto il nostro amico. Anche qui, nel centro, dove le bombe le senti ma non ti colpiscono, la guerra lascia piccole tracce che ti ricordano quello che sta succedendo.Mentre mangiavamo, è saltata la corrente in metà del locale. Nessuno ha messo giù la forchetta, tanta ostentata sicurezza tradiva una certa stanca fatica della paura.Per tutto il giorno i segnali televisivi sono stati precari. Interferenze, poi il grigio della sintonia su un canale morto, poi i colori pastello delle tv di informazione. E poi di nuovo interferenze. Persino le bombe hanno orari. Al mattino presto, verso le sei, e poi nel pomeriggio inoltrato, ogni momento è buono dalle cinque fino alle undici. Stamattina siamo stati svegliati da uno scoppio. Dal sonno alla veglia in un secondo, subito sul balcone a vedere cos'era successo. Solo dopo qualche minuto ci siamo resi conto che era una porta sbattuta al piano superiore. Ma tant'è. Uno strato di tensione rimane costante, non ti abbandona mai. La sera ci si addormenta a fatica, la mattina le bombe vere o presunte ti danno la sveglia. Nel pomeriggio, un'esplosione vera ha marcato la differenza con una porta sbattuta, proprio mentre i dati sui morti della sera prima si attestavano su cifre definitive (30 morti e 70 feriti), e il ciclo dell'emergenza ha ripreso da capo con altre ambulanze, e altre mani a scavare alla luce di fari puntati sulle macerie tra la polvere e il fumo. Alle dieci un'altra bomba, "da qualche parte laggiu'" spiegava il proprietario di un carretto di spighe bollite e arrosticini. Qualche ruga, dodici anni in Grecia alle spalle, "qui era tutto bellissimo un mese fa, la gente con le bandiere dei mondiali. Brasiliani, australiani, italiani. Tutti a parlare di calcio". Un mese fa è cambiato tutto di colpo. Proprio un paio di giorni dopo che il suo giovane collega, che mentre lui racconta prepara la brace, si era sposato. "Ti stanca, non finisce mai. Oggi ci sei domani chissa'. Forse nei prossimi due o tre giorni finira'". Chi lo sa. "Inshallah".

lunedì, agosto 07, 2006

Buona sera

Beirut - Puntuali, sono arrivate le bombe anche all'ora dell'aperitivo. Dieci morti, per iniziare bene la serata. Dieci minuti di apprensione qui in centro, tutti ad aspettare le immagini televisive in diretta, e poi di nuovo la normalita'. Nessun negozio ha chiuso, ora siamo in un internet point dove i ragazzi continuano a giocare ai videogiochi in rete. Pare che arrivassero dalle navi questa volta, come ieri pomeriggio.
Oggi pomeriggio il centro citta' era blindato: soldati, camioncini, qualche blindato e persino un carro armato. Una zona rossa per il vertice della Lega araba, che per la verita' non era proprio impenetrabile: come una coppia di turisti, siamo passati dopo un sommario controllo dello zaino. Abbiamo fatto appena in tempo a vedere le auto blu che si allontanavano rapidamente dalla sede della riunione. Mentre lasciavamo la zona, il nostro tassista sembrava soddisfatto del risultato: una delegazione della Lega partecipera' alla riunione del consiglio di sicurezza, che pare si terra' a porte aperte. Attendiamo. Abbiamo fatto cena in un locale molto americano: hamburger (vegetariano), patatine e insalata verde. Anche i prezzi qua sono molto americani. Quando abbiamo sentito le esplosioni eravamo a un isolato da Les Meridiens, l'hotel dove alloggiano tutti i giornalisti internazionali (a proposito: siamo entrati a chiedere, non c'e' traccia di Cremonesi, Mastrogiacomo, Zaccaria, Buonavolonta' o Chiarini. Chissa' dove sono finiti?). Abbiamo assistito ad un magnifico esempio di giornalismo da guerra: il nostro amico, seduto sul divanetto de Les Meridiens, apprendeva da NewTv, una tv locale di Beirut le ultime, e aggiornava tutto sul suo Vaio ultimo uscito. Qualche telefonata, e voila': la corrispondenza di guerra e' servita.

Buongiorno

Beirut - Buongiorno. Qua la sveglia è arrivata con quattro potenti esplosioni. Distavano quindici chilometri, ma facevano paura anche qua. Ci siamo fiondati in strada, da questa zona della città non si vede fumo, né si sentono i suoni dei caccia. Un gruppo di ragazzi stava là, sul muretto del lungomare, a guardare verso i palazzi, per scorgere qualcosa. Uno di loro è di Hrek, uno dei quartieri che stavano bombardando. Questo è il posto dove vengono le persone per sentirsi al sicuro e cosi anche noi lentamente ci tranquillizziamo. Mentre parlavamo con loro abbiamo visto due camionette cariche di militari dirette verso le colline a nord. Certo, è un modo eroico di fare la guerra tenere il culo a un chilometro di altezza, schiacciare un pulsante, e scappare. Mentre sotto la gente trema di paura, i palazzi vengono giù e qualcuno ci rimane sotto. Le esplosioni erano forti, questa volta abbiamo avuto paura davvero. Abbiamo preso soldi e passaporti e siamo corsi in strada. Fa un effetto strano, è qualcosa di incontrollabile, terrore vero. Pensi che sei al settimo piano e allora la prima cosa che ti viene in mente è uscire dal palazzo. La seconda è: se crolla l'hotel, come lo porti via il culo da qui? Soldi. E documenti. Pensa a dover fare lo stesso ragionamento quando non lasci una stanza d'albergo, ma la tua casa. Tenere una città in queste condizioni è l'essenza del terrorismo, l'essenza della guerra. Le distinzioni possono anche riempire i dibattiti in poltrona in tv, ma viste da qui sono una rappresentazione farsesca, la realtà ti strattona e ti sbatte in faccia una morte casuale, violenta e densa di paura.

Navi militari


Beirut 01.00 del 7 agosto - Oggi verso le cinque alcune navi israeliane hanno lanciato dei missili su alcuni quartieri di Beirut, a nordest dell'aeroporto. A quell'ora eravamo ad Hamra, il quartiere ricco subito poco a sud del nostro hotel. Non ci siamo accorti di nulla. Pare siano stati abbattuti due palazzi, ma qui non si è sentito nulla. Nel pomeriggio abbiamo visto passare al largo (a proposito: qui il mare è tutto blu, apparentemente non c'è alcuna perdita di petrolio. Probabilmente la marea nera è più a sud, ma non deve essere troppo estesa, se qui non ne vediamo alcun effetto) due navi militari (vedi foto, link qui accanto). Ora, qui davanti si vedono chiaramente tre luci. La domanda ci assale immediata: saranno navi israeliane pronte a colpire? Un rapido giro sul lungomare, parliamo con i pescatori e qualche ragazzo che prende il fresco. Falso allarme, sono navi da pesca libanese. Rimane per? la domanda: cos'erano le navi militari che abbiamo visto oggi? Libanesi che andavano verso quelle israeliane ma poi hanno deciso di non ingaggiare lo scontro?Sul lungomare ci spiegano che le navi israeliane si sono fermate una quindicina di chilometri più a sud, all'altezza dei quartieri che hanno colpito. Dalla tv non si capisce nulla, quelle che danno informazione sono tutte arabe. Le altre trasmettono fiction. Adesso per esempio un canale trasmette CSI in francese. Su internet non ci sono articoli sugli attacchi lanciati dalle navi su Beirut, solo un paio di lanci di agenzia che risalgono al pomeriggio. Persino il Daily star e Al Jazeera in inglese non ne parlano. Sembra che la cosa non sia importante, tutti i titoli sono dedicati all'attacco Hezbollah che oggi pare sia stato particolarmente duro.E' surreale l'atmosfera qua. In tutti i negozi le televisioni sono sintonizzate sui canali di informazione. Al Jazeera per prima, e poi tutte le altre, incluse alcune tv locali come CityTv e NewTv. Il problema è che sono tutte in arabo. A parte questa spia che denuncia generale preoccupazione, non sembra esserci alcun problema in questa parte della città. La persona che sta alla reception del nostro albergo non si è affatto preoccupato del nostro dubbio che le navi al largo fossero israeliane. Ha fatto spallucce ed è tornato al suo posto. Sembra di essere nell'occhio del ciclone. Fuori tutto viene travolto, ma in questo punto è calma piatta. E' molto strano. Ogni rumore ti sembra sospetto. Oggi abbiamo sentito delle urla. Ci siamo avvicinati verso la direzione dalla quale provenivano. Abbiamo guardato giù verso un'insenatura del mare: era un gruppo di ragazzi che giocava a pallanuoto. Si passavano il pallone, e urlavano come in qualsiasi partita. Questa Beirut è molto diversa da quella raccontata dalla televisione. La nostra è una prospettiva parziale, dobbiamo vedere ancora il resto. Nel nostro hotel ci sono coppie che dormono qua perché hanno i bambini ricoverati all'ospedale americano, qualche centinaio di metri più a sud. Sono rimasti feriti negli attacchi israeliani. Per la maggior parte sono famiglie di Beirut sud. Se non lo sapessi non lo noteresti neanche.

Beirut, 16.00 del 6 agosto - Siamo arrivati qua, con un taxi attraverso il confine nord con la Siria. Yasser, il nostro tassista, non parlava una parola di inglese e noi non parlavamo arabo. Alla fine del viaggio per? già riuscivamo a comunicare abbastanza bene, non so neanche bene spiegare come.E' strana Beirut. Siamo nel cuore della città, la parte più ricca, appena sopra l'università americana, la parte più tranquilla. Qui non ti accorgi nemmeno che c'è una guerra in corso. La vita scorre tranquilla, oggi molti negozi erano aperti (altri chiusi perché è domenica), i taxi scorrono, i supermercati sono pieni di qualsiasi cosa ti aspetti di trovare in un supermercato italiano (vedi le foto). Siamo qui solo da ieri sera per cui siamo rimasti molto coperti oggi. Abbiamo girato solo nelle aree qui intorno. E la cosa pazzesca è che non ci siamo accorti neanche del bombardamento. Lo abbiamo appreso dalla tv e dal sito di Repubblica. Dal balcone, che dà sul mare, oggi abbiamo visto prima due elicotteri e poi due navi militari, una armata e l'altra un po' più piccola, probabilmente di supporto. Eravamo convinti che fossero libanesi, tanto appariva tutto tranquillo. Solo stasera abbiamo capito che molto probabilmente sono le navi che dopo aver colpito la città si ritiravano. In città gli ospedali curano i feriti del sud della città e del sud del paese, ma non si nota un particolare andirvieni di feriti.

Aggiornamento generale

Beirut - Aggiornamento generale. Sono un paio di giorni che non riusciamo ad aggiornare questo blog perché tutto succede molto velocemente. Venerdi siamo stati alla Mezzaluna rossa di Damasco e ieri abbiamo affrontato il viaggio in taxi da Damasco a Beirut. Strana questa città, tante le cose da dire. Venerdi a Damasco abbiamo incontrato in un internet point Elena, che studia arabo e passa un periodo in città per preparare l'esame. Vivono con lei Massimo, che abita a Beirut da un anno e mezzo. In questo periodo è a Damasco: era in Siria quando è iniziata la guerra e non è più rientrato. E poi i proprietari di casa, Jean e suo fratello. Sono stati molto ospitali, abbiamo dormito a casa loro giovedi notte e Massimo ci ha accompagnato alla Mezzaluna rossa, dove abbiamo incontrato il vicepresidente della sezione di Damasco. Sabato siamo partiti in giornata e siamo arrivati qui a Beirut in serata. Nei due post che seguono il racconto di viaggio e Mezzaluna.

In viaggio da Damasco verso Beirut

La strada che da Damasco porta verso Homs, si srotola diritta in mezzo al deserto. Il colore ocra riempie gli occhi, la luce riflessa abbaglia la vista. Attraversano questo fiume di asfalto una quantità di camion di piccole dimensioni, poco più grandi di un Ducato, vivacemente colorati con fantasie geometriche. E autobus, tanti autobus. Molti viaggiano con lo sportello del vano motore aperto, a far prendere aria ai pistoni, ad evitare che il fumo si trasformi in fiamma. Si incontrano spesso infatti auto e pullman lungo il ciglio della strada fermi, la schiena del conducente piegata a scrutare il radiatore e tutto il resto, nel tentativo di far ripartire il mezzo. Su qualche furgone campeggia la bandiera di Hezbollah, qualche autobus ha un'immagine di Nasrallah appiccicata sul vetro posteriore. Persino il nostro tassista ha un adesivo con il suo ritratto applicato sul parabrezza, nell'angolo superiore sinistro. D'altra parte a Damasco si vendono persino le magliette del combattente, e dovunque ti giri trovi una sua immagine.Lungo tutto il percorso gli alberi sono piegati, la perseveranza del vento ha ragione dei tronchi e persino i rami sono rivolti tutti da un lato solo, lasciando l'altro nudo e scarno. Il nostro tassista, Yasser, schiaccia sul pedale. Arrivare a Beirut da qui non è una passeggiata, e considerando le condizioni che troverà in Libano ci vogliono cinque ore. L'aria che entra dai finestrini è torrida, ma chiudere i vetri rischierebbe di essere ancora peggio. Ma a tutto ci si abitua e cos? persino il velluto di questi ampi sedili diventa accogliente. Si viaggia su una vecchia Chevrolet degli anni cinquanta, quando i disegnatori non si ponevano problemi di spazio: il portabagagli e il cofano sono immensi e dietro si starebbe comodi anche in quattro.Prendendo per Tartus, si arriva al posto di confine di Aabboudiye. Yasser firma un paio di carte per l'auto, poi è la volta del controllo passaporti. Gli ufficiali, sotto delle grandi pale che muovono l'aria di questo caotico ufficio, inseriscono i dati su terminali Ibm che non hanno ancora conosciuto la rivoluzione dell'interfaccia grafica. Qualche bicchiere di the sulle scrivanie tradisce l'apparente severità delle domande. Qualche minuto ed è tutto pronto. Si pu? proseguire. L'auto percorre qualche centinaia di metri, appena sufficienti alla compilazione del nuovo modulo e un altro sportello, un altro ufficiale. Con una certa pancia, rilassato, si muove e ci muove ad un secondo vetro per il rilascio del visto. Soldi, timbro.Si apre il Libano sotto le ruote della Chevrolet. Qui il paesaggio è da subito molto diverso. Siamo sulla costa, qui domina il verde. L'asfalto è tenuto male, le buche sono continue, poi la statale cede il posto ad una autostrada a tre corsie. Fino a Tripoli si procede senza problemi. In questa città le facciate dei palazzi sono per lo più grige e consumate, qualche nuovo palazzo sottolinea l'aspetto cadente di tutti gli altri, piuttosto che migliorare l'immagine dell'insieme. Due ragazzi, in pantaloncini e scarpe da ginnastica, fanno jogging: il rischio delle bombe non ferma la normalità della vita quotidiana.Iniziano le deviazioni: a Batroun si passa sulla provinciale che costeggia il mare, i crateri delle bombe hanno interrotto la strada. Qualche chilometro e si pu? risalire. Ad Amicht, all'altezza di Biblo, non è chiaro se la strada è percorribile. Rapido consulto dal finestrino con un automobilista fermo con lo stesso dubbio, e si esce per il mare. Non è chiaro dove la strada riprenda, Yasser fa un paio di volte per rientrare. Poi, per andare sul sicuro, percorre ancora qualche chilometro fuori. Ogni tanto si scruta con apprensione il cielo, a verificare che non sia attraversato dai caccia. Ma oggi la situazione è tranquilla, lo hanno confermato anche alla frontiera.Di nuovo dentro. Ad El Safra, poco più avanti, la strada è tagliata da blocchi di plastica bianchi e rossi che lasciano poco spazio a fraintendimenti. In questo punto della provinciale, per?, è più difficile riconoscere la strada corretta, e anche Yasser deve chiedere consiglio un paio di volte ai pedoni. Le case costruite sulla costa ospitano costose automobili e qualcuno passeggia sul ciglio della strada in ciabatte, di ritorno dal mare. Le auto che viaggiano in direzione sud, verso Beirut, si fanno sempre più rade. La quarta deviazione, l'ultima, è necessaria a Jounieh. Riconoscibile da lontano dall'insegna del casin? di Beirut. Il casin? si trova qualche centinaio di metri più in basso dell'area bombardata. Il ponte dell'autostrada appare ancora in piedi, ma il cratere non consente di procedere. Si rientra poco più avanti, sulla tangenziale della capitale. Tre corsie per senso di marcia, molto traffico in entrambe le direzioni, si affacciano sulla strada grandi palazzi, fino a scorgere il porto. Yasser fa notare il palazzo abbattuto un paio di giorni fa da un'incursione aerea. Nell'edificio accanto è aperta una farmacia. Il sole è rosso sul mare, i moli guardano verso ovest. I lampioni sono già accesi, ci fermiamo di fronte all'università americana. Yasser passerà la notte qui, in ufficio. In attesa di una nuova chiamata, per portare qualcuno a Damasco.

Gli sforzi della Mezzaluna rossa


Deep Purple, Diane Schuur insieme alla Dizzie Gillespie all star big band, la compagnia di balletto Eifman del teatro di San Pietroburgo: erano alcune delle date previste dal festival internazionale di Baalbeck, la città della valle della Bekaa a ridosso del confine siriano dove gli israeliani hanno compiuto un'incursione sbarcando soldati con gli elicotteri. Forse Marwa e Hiba erano troppo piccole per andarci, ma sicuramente ora neanche i fratelli maggiori potranno assistere a questi spettacoli. Marwan e Hiba sono di Balbeek, frequentano rispettivamente la seconda e la terza media. Non hanno perso quel modo di fare da tredicenni, neanche qui nel liceo che la Mezzaluna rossa ha predisposto per accogliere i profughi. Occhi luminosi e svegli, fanno una certa confusione e tentano il flirt con Hani. Lui ha ventidue anni, è un volontario, studia lettere. Da dieci giorni, spiega nel suo italiano un po' traballante, non torna a casa. Quando stacca qui va si reca al lavoro, all'ambasciata italiana. Via i banchi, ora le aule sono piene di materassi di gommapiuma. Lenzuola con i disegni dei cartoni animati: sono tanti i bambini qui; qualche angolo raccoglie vestiti e quel poco che scappando le famiglie sono riuscite a portarsi dietro. Due signore vestite di nero, tante rughe, velo con una fantasia di piante, raccontano che "i fuochi erano davanti e dietro di noi". Ci hanno messo ventiquattro ore a coprire gli ottanta chilometri che separano Baabek da Damasco. "Ci date voi i soldi?", rispondono lapidarie a chi chiede loro se hanno intenzione di tornare e ricostruire la casa. Interviene anche Aziz, sulla sessantina, robusto. Mentre tiene tra le grosse dita una sigaretta spenta, racconta che la moglie era ricoverata in un ospedale nella zona cristiana di Beirut quando è iniziato tutto, e ora se ne stanno prendendo cura i familiari. Lui era in Siria e non è più rientrato. Tra gli sfollati anche due donne incinte. Youssef, magrolino, coi baffi, sulla cinquantina, presenta sua moglie. Lei, giovane, dall'aspetto rilassato, si tocca il pancione. Il parto è previsto entro qualche giorno, sono già stati due volte all'ospedale: Falso allarme. "I'm rich", ci tiene a specificare Youssef, mortificato dal fatto di avere un aspetto da profugo ora. Baalbek è una zona ricca. I profughi sono raggruppati nelle strutture di Damasco secondo le provenienza e la parentela. In tutta Damasco sono più di quarantamila, spiega Khaled Erksoussi, vicepresidente della sezione cittadina della Mezzaluna rossa. Tra il 50 e il 60 per cento sono bambini. La Mezzaluna rossa ha predisposto tre punti di accoglienza lungo il confine: uno al valico di Masnaa (quello che collega la valle della Bekaa con la Siria), uno nel nord est del Libano, poco sopra Qaa, e l'altro ad Aabboudiye, nel nord. A Masnaa, aggiunge, i volontari si sono spinti oltre il confine siriano: C'è una porzione di terra tra il checkpoint siriano e quello libanese che non appartiene ad alcuno stato. "Ma solo nella prima metà", spiecifica Erksoussi: "Non vogliamo trascinare in guerra anche la Siria". Proprio per evitare incidenti diplomatici, il governo ha deciso di delegare tutte le operazioni di soccorso alla Mezzaluna rossa, che è l'unico interlocutore diretto anche per le Nazioni unite. "Sono molto lente", dice Erksoussi: per ora hanno inviato delle squadre con il compito di fare una prima ricognizione delle necessità. "Non occorre parlare con tutti i profughi uno per uno. I luoghi di accoglienza sono tutti uguali. Dopo averne visto qualcuno, vanno avviate le operazioni. Non si pu? attendere di visitare tutte le cinquantacinque scuole, le due chiese e tutti gli altri punti di accoglienza".In Siria sono arrivati tra i 150 e i 180mila libanesi in queste tre settimane, stima la Mezzaluna. Molti sono ospitati da familiari o hanno risorse sufficienti per stare in hotel. Quelli che invece hanno necessità di un riparo, sono portati in una delle strutture di accoglienza. Là ricevono assistenza medica, cibo e beni di prima necessità. "Qui a Damasco", spiega Erksoussi, "siamo già alla fase due: stiamo spostando le persone verso alcuni campi fuori città". Si tratta di campi che normalmente ospitano attività estive collegate all'università, e quindi sono disponibili fino alla prossima estate. "Ma non prevediamo un lasso di tempo cos? lungo: i profughi vogliono tornare a casa e appena scatterà il cessate il fuoco torneranno", afferma sicuro Erksoussi. Per ora la Mezzaluna rossa regge, ma il costo di questa operazione è molto elevato. Solo per il cibo si spendono sei dollari a testa al giorno. Il che significa quasi un milione di dollari per ogni giorno che passa. Il sistema funziona perché si appoggia alle comunità locali. Tutti nell'organizzazione sono volontari, a partire dagli organi direttivi. Anche Erksoussi è un volontario, anche se coordina i 250 appartenenti di Damasco all'organizzazione. Molti hanno lasciato il lavoro per dedicarsi all'emergenza ventiquattro ore su ventiquattro. E' il caso di Samer Akhras, che faceva il cameriere: "Trover? un altro lavoro quando questo momento di emergenza finirà". La cosa più difficile, spiega, "è nascondere i tuoi sentimenti quando ti trovi davanti una donna che piange perché ha appena saputo al telefono che il fratello è morto". Fa avanti e indietro dal confine. Ma non si sente solo. Sono tanti, dice, quelli che in questi giorni hanno fatto capolino all'ingresso della sede per offrire la propria disponibilità a dare una mano.

giovedì, agosto 03, 2006

qualche ora

Torino - Tra qualche ora si parte. Grazie a tutti (e sono tanti) quelli che ci hanno dato una mano. Passaporto, visto, computer, telecamera, logistica, contatti.
Sono proprio tante le persone che ci hanno aiutato, speriamo che il racconto che leggerete in queste pagine valga la pena di tutti questi sforzi. Intanto un filo di preoccupazione sale a qualche ora dalla partenza.
Ma no, andrà tutto bene...

amici

Bassam, un amico di Beirut, ci mette in contatto con un suo amico tassista che potrebbe venire a prenderci fino a Damasco. Domani lo chiameremo. Bassam ora è a Parigi, raggiungerà Beirut la prossima settimana. Aiuta volentieri dei giornalisti ad entrare nel paese, perché raccontino quello che i libanesi subiscono in queste settimane.
A Damasco, ci spiega, c'è anche il "garage di Beirut", dove in genere è possibile trovare un mezzo per raggiungere la capitale libanese.

mercoledì, agosto 02, 2006

volo

Torino - Partiamo con un volo della Syrian airlines Malpensa-Damasco domani 3 agosto. Da là occorre noleggiare un'auto con autista per raggiungere Beirut.

Stanotte gli israeliani hanno attaccato Baalbek, poco a nord del valico di Masnaa, dal quale si attraversa il confine tra Siria e Libano.
L'autostrada che collega Damasco a Beirut è già distrutta in più punti e si tratta di fare le provinciali.
Ora bisogna vedere se comunque la zona è praticabile.
E' un'informazione che riusciremo ad avere soltanto a Damasco.

Piccola segnalazione per chi deve andare a Damasco: la maggior parte delle agenzie di viaggio non ha la Syrian. Conviene chiamare direttamente la compagnia di volo a Roma e fare i biglietti così.
In questo modo il costo si aggira intorno ai 350 euro per un A/R.

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